Cronaca

In un bar la base dei Narcos di Dragona: scacco matto agli affari di Cossiga e della sua banda

Quattordici le misure cautelari notificate dalla polizia al termine dell'Operazione Alta Marea

L'agguato del 2018 davanti il bar Grease a Dragoncello

Era gestore di un bar usato come base logistica dall'associazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti di cui era a capo, usato dal sodalizio anche come luogo di stoccaggio della droga.  Un locale, il Grease di Dragoncello, teatro nel 2018 di uno scontro armato fra due famiglie criminali per l'egemonia degli affari sul litorale di Roma. 

Uno scontro armato che portò la polizia ad arrestare i responsabili al termine dell'operazione denominata "Via del Mare dello spaccio". Da qui un vuoto di potere. Proprio in questo contesto di frizioni e scontri per il predominio delle piazze di spaccio si muove il gestore del Grease, Daniele Cossiga, imponendosi sul mercato romano di Dragona e Dragoncello, forte dei suoi rapporti con una serie di reti criminali italiani e albanesi operanti nel territorio capitolino, legate tra loro da accordi economici funzionali all’organizzazione dell’importazione di ingenti quantitativi di stupefacenti.

Un business redditizio, gestito da una associazione criminale con al vertice proprio Daniele Cossiga, 39enne romano con precedenti specifici, gestore del Bar Grease, base logistica presso la quale veniva custodita la sostanza stupefacente in attesa della sua immissione sul territorio capitolino e già teatro di scontri tra sodalizi criminali, in lotta tra loro per il controllo delle zone di spaccio di droga sul quadrante territoriale di Acilia, Ostia, Dragona e Dragoncello.

Una associazione criminale sgominata alle prime luci dell'alba dalla Squadra Mobile della Questura di Roma, con gli investigatori che hanno dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di Misure Cautelari Personali, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nei confronti di 17 soggetti ritenuti responsabili (con tre di loro ancora irreperibili), a vario titolo, di aver fatto parte di un’associazione - con base operativa nella zona di Dragona - finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché di cessione e detenzione di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione abusiva di armi. 

VIDEO | Alta Marea per i narcos di Dragona: le immagini del blitz della polizia 

Faida tra le famiglie Sanguedolce e Costagliola

Diciassette arresti odierni arrivati al termine dell'Operazione denominata Alta Marea a cui gli investigatori sono arrivati proprio partendo dal tentato omicidio che si consumò davanti al locale gestito da Cossiga a Dragoncello. Nel giugno 2018, infatti, alcuni componenti di due gruppi delinquenziali avversi, appartenenti alla famiglia romana dei Sanguedolce, legati da vincoli di parentela con il noto pregiudicato Marco Esposito, detto "Barboncino", ed a quella campana dei Costagliola, da tempo trapiantata ad Acilia, si sono affrontati in una serie di aggressioni armate.

Davanti al bar “Grease” va prima in scena il tentato omicidio di Gianluca Tirocchi da parte dei fratelli Daniele e Alessio Sanguedolce i quali lo colpiscono dapprima con dei pugni e poi gli sparano un colpo di pistola mentre questi si rifugia nel locale. Da qui limmediata risposta armata da parte dei Costagliola, chiamati in soccorso dal Tirocchi, che irrompono armati sulla piazza alla ricerca dei fratelli Sanguedolce e, non trovandoli, pestano brutalmente e tentano di sequestrare Valerio Antonacci. 

Gli episodi, avvenuti nella completa omertà sia dei soggetti coinvolti che delle persone presenti, non rimangono impuniti: con l'Operazione "Via del Mare" del maggio 2019, infatti, la squadra Mobile, trae in arresto per tentato omicidio, sequestro di persona e lesioni personali, i sei protagonisti delle violenze  In questo contesto di frizioni e scontri per il predominio delle piazze di spaccio, si muove appunto Daniele Cossiga, imponendosi da allora sul mercato romano della droga a Dragona e Dragoncello. 

Le basi logistiche dell'associazione criminale

Basi logistiche dell’associazione, oltre al bar “Grease” di proprietà della moglie di Daniele Cossiga, anche il bar a Dragoncello “Oly&Ste”, di un sodale del 39enne, deputato alla cosiddetta, “retta”, ovvero a custodire armi e stupefacente. Ed è proprio qui che avvengono gli incontri e si perfezionano gli accordi tra le varie parti, sempre alla presenza del gestore del bar Grease o del suo braccio destro, un 52enne romano detto "Titti".

L'impiegato Ama braccio destro di Cossiga 

Proprio con "Titti", incensurato e impiegato presso l’Ama, venivano condivise le principali scelte operative e gestite le fasi dell’acquisto e dello smistamento della sostanza stupefacente, come nella circostanza del carico di 90 chili di hashish, venduto dai due da un 40enne ed un 62enne, entrambi romani, i qualo lo avevano a loro volta ricevuto da un cittadino albanese di 31 anni. Acquirenti finali di tale partita di hashish - che si rivelerà poi di pessima qualità - due fratelli. 

La partita di hashish di pessima qualità

Prorpio in relazioni alle difficoltà di smercio della partita di droga sul mercato, emergono dai dialoghi intercettati in ambientale tra "Titti" e Daniele Cossiga, ai quali, in una occasione, assiste anche un noto pregiudicato lidense, conosciuto con il soprannome di "Cappottone". In tale contesto Cossiga si mostra irritato perché i due fratelli acquirenti del carico di "fumo" prendono tempo per e non pagare la fornitura, tanto che decide alla fine di recuperare parte del carico e cederlo ad una terza persona, un romano di 47 anni. 

A conferma di questo ulteriore scambio, l’arresto eseguito nei confronti del 47enne trovato in possesso di più di 72 chili di hashish e le parole del Cossiga, che - intercettato - sostiene di non volersi accollare per intero l’onere economico dello stupefacente sequestrato, che dovrà invece essere equamente diviso anche con gli altri tre acquirenti. 

Mezzo quintale di hashish e l'arresto 

La dimostrazione che il gruppo criminale sia ben inserito nel mercato e sia in grado di movimentare rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente, si ha nell’ottobre 2018, quando Daniele Cossiga viene sorpreso con più di 488 chili di hashish, acquistati sempre dal 31enne albanese e da altri due connazionali e pronto per essere diviso tra i vari coacquirenti.

La gestione degli affari dal carcere  

Nonostante l’arresto del capo del sodalizio, però, l’operatività dell’associazione non viene meno. Deputati a mantenere attive le interazioni criminali tra il vertice dell’organizzazione, gli altri sodali e gli acquirenti, infatti, sono infatti il fratello del 39enne e la moglie, i quali intrattengono costanti rapporti con quest’ultimo attraverso i colloqui in carcere e ne veicolano poi i messaggi all’esterno, in particolare quelli relativi alla destinazione della sostanza stupefacente non ancora commercializzata e alla definizione delle pendenze economiche. È sempre il Cossiga a gestire le operazioni, a tenere i conteggi relativi agli scambi di droga e a impartire ordini per il tramite del fratello e della moglie.

Non meno importante è l’apporto fornito da due pregiudicati, entrambi gravati da precedenti specifici e stabili acquirenti di Daniele Cossiga (con il quale intrattengono fitti rapporti commerciali) chiamati a collocare lo stupefacente sul mercato al dettaglio.

Il coinvolgimento degli albanesi  

Il coinvolgimento dei venditori albanesi e del “gruppo di acquisto” per l’affare dei 488 chili di hashish, emerge chiaramente dalle dichiarazioni alle quali si lascia andare il Cossiga in carcere, lamentandosi della sfortunata serie di eventi per i quali è rimasto l’unico coinvolto nell’operazione di polizia: “quella sera eravamo in sei, so ito bevuto solo io, in sei eravamo aho, tre albanesi, due con la macchina, il vecchio, il ragazzo, io, e m’hanno bevuto solo a me”. 

Le circostanze del suo arresto, infatti, sono strettamente connesse al ritardo dei “cavalli”,figure incaricate di recuperare lo stupefacente, che si presentano tardi all’appuntamento con il Cossiga che, non riuscendo a portare a termine velocemente lo scambio, viene arrestato all’interno del comprensorio di Via Giovanni Spano a Dragona.

Il bar "Oly & Stè" 

In occasione dell'arresto di Daniele Cossiga viene anche eseguita una perquisizione all’interno del bar “Oly&Stè” dove vengono rinvenuti altri 68 chili di hashish nonché un revolver Smith&Wesson che il proprietario del locale indica appartenere a Cossiga.  Fatti per i quali il gestore del bar, giudicato in separato procedimento, è stato condannato in via definitiva a 4 anni e 4 mesi di reclusione.

L'arsenale della banda di Daniele Cossiga 

Peraltro, il revolver del bar non è l’unica arma nella disponibilità di Daniele Cossiga.  Nel corso delle indagini, infatti, vengono sequestrati all’interno dell’abitazione di un soggetto estraneo all’organizzazione, un altro revolver Smith&Wesson con matricola abrasa e 153 cartucce. Che tale materiale sia in realtà di proprietà del 39enne – chiamato a rispondere anche di ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi -  è non solo ammesso dal proprietario dell’appartamento, ma anche attestato dal contenuto delle intercettazioni telefoniche nelle quali Cossiga chiede di poter accedere al luogo adibito a nascondiglio, per recuperare il “ferro”.

Operazione Alta Marea 

Nella mattinata odierna, inoltre, sono state eseguite 4 perquisizioni delegate, nei confronti di altrettanti soggetti indagati, non destinatari di provvedimento restrittivo. Lo spessore criminale dei soggetti coinvolti, gli ingenti quantitativi di sostanza stupefacente sequestrata e le risultanze acquisite nel corso delle indagini, cristallizzano ancora una volta come i territori di Ostia, Acilia e dintorni rappresentino un mercato appetibile per più organizzazioni criminali, in lotta tra loro per il predominio delle attività illecite, in particolare il controllo delle piazze di spaccio.

L’Operazione “Alta Marea”, infatti, si inserisce all’interno di un incisivo quadro di azioni della Procura capitolina e della Squadra Mobile, tese a contrastare le consorterie criminali operanti sul litorale romano.


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