Cronaca

Il boss di Casalotti resta in carcere

Leandro Bennato era stato arrestato per sequestro di persona e detenzione ai fini di spaccio di 107 chili di cocaina dopo l’inchiesta della Dda con i carabinieri del nucleo investigativo di Roma

Resta in carcere Leandro Bennato, il quarantaquattrenne arrestato con le accuse di sequestro di persona a scopo di estorsione e detenzione ai fini di spaccio di 107 chili di cocaina. Il tribunale del Riesame di Roma ha rigettato l'istanza presentata dalla difesa confermando così l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. 

Bennato era stato fermato a Ladispoli il 12 aprile scorso dai carabinieri del nucleo investigativo di Roma in seguito all'inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti della Direzione distrettuale antimafia Michele Prestipino e Ilaria Calò con i pm Giovanni Musarò ed Erminio Amelio.

Il gip di Civitavecchia, che aveva convalidato il fermo e applicato la misura cautelare in carcere trasmettendo poi gli atti a Roma, ha sottolineato nell'ordinanza come ''la capacità di muovere e gestire elevatissimi carichi di sostanza stupefacente, del valore di milioni di euro, mostra la capacità di sottrarsi alle ricerche degli investigatori da parte del Bennato, anche sotto il profilo economico''.

Bennato, che come spiega chi ha indagato "risulta stabilmente inserito nel contesto criminale attivo nella zona di Casalotti e Boccea", è accusato, insieme con Elias Mancinelli - già nei guai nel 2018 nell'ambito di un'inchiesta di droga che aveva sgominato un'organizzazione rivale al clan Spada - di essere il proprietario di 107 chili di cocaina che era stata di fatto rubata a Gualtiero Giombini, morto per cause ancora da chiarire e che la custodiva per loro. Quest'ultimo avrebbe dovuto svolgere il compito della "retta", ossia custodire la droga dietro compenso. E quella merce - parecchia - era di due proprietari pronti a tutto.

Secondo quanto riportato dal gip nell'ordinanza ''l'estrema pericolosità di Leandro Bennato emerge anche dall'acquisizione delle chat dedicate avvenute tramite applicazioni di messaggistica istantanee (Signal e Whatsapp) - ha scritto ancora il giudice - L'analisi delle chat, infatti, ha messo in luce una serie di accorgimenti che Bennato ha adottato al fine di eludere eventuali indagini, fornendo anche false indicazioni per sviare la sua completa identificazione ovvero dando falsi appuntamenti a cui lo stesso non si presentava''.
 


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