Cronaca

Mafia Capitale: dal mondo di mezzo al controllo della pubblica amministrazione

Le modalità con le quali l'organizzazione facente capo a Massimo Carminati si è configurata come associazione di tipo mafioso

La Teoria del Mondo di Mezzo

Mafia Capitale è riuscita ad infiltrarsi profondamente nel tessuto della pubblica amministrazione capitolina tanto da poter controllare le attività economiche, al fine  di favorire i “terminali imprenditoriali” dell’associazione stessa, fra i quali, Salvatore Buzzi per quanto attiene le cooperative. Così il Giudice per le indagini  preliminari, dottoressa Flavia Costantini, descrive "Il consolidamento delle risultanze idonee a configurare il sodalizio denominato Mafia Capitale come associazione di tipo mafioso". Delle lunghe e articolate indagini che hanno consentito di affermare "l'esistenza di una organizzazione criminale che operava su Roma da anni, con  attività che si estendeva in diversi campi: propriamente criminale, economico e Pubblica Amministrazione, tutti settori che interagivano tra di loro".

MAFIA CAPITALE - In particolare l'ordinanza indica come si trattasse di "una organizzazione ramificata della quale Carminati era il capo, l'organizzatore e  riconosciuto punto di riferimento degli altri sodali: Riccardo Brugia, Roberto Lacopo, Matteo Calvio, Agostino Gaglianone, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto,  Salvatore Buzzi, Fabrizio Franco Testa, Alessandra Garrone, Carlo Pucci, Claudio Caldarelli, Carlo Maria Guarany, Paolo Di Ninno, Franco Panzironi, Nadia Cerrito, Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero; dal tenore delle conversazioni monitorate, emergono evidenti i rapporti criminali e larelazione gerarchica tra i sodali".

MASSIMO CARMINATI - In particolare, la forza d'intimidazione che caratterizza Mafia Capitale è, senza dubbio, incentrata e promana sostanzialmente dalla caratura criminale di Massimo Carminati, capo indiscusso dell'associazione, personaggio assolutamente non nuovo nel panorama criminale, la fama del quale è riconducibile, in  particolare, alla sua passata vicinanza alla notoria Banda della Magliana, conosciuta per la sua efferatezza, anche grazie alla storia della stessa narrata in libri e riprodotta in film e sceneggiati, nonché all'essere stato più volte menzionato, per tale ragione e per la sua passata militanza nei N.A.R. (Nucleo Armato  Rivoluzionario), in articoli di giornale.

FORZA INTIMIDATRICE - In relazione alla forza intimidatrice del sodalizio, ed in particolare di Massimo Carminati, la Sezione del Riesame del Tribunale di Roma scrive:  "Può, in definitiva, essere affermato che un’associazione criminale operante in Roma soprattutto nel settore “recupero crediti” si amplia ricomprendendo nella propria  aerea (area, ndr) di interesse anche il settore economico e quello legato alla P.A. (Pubblica amministrazione ndr). Tale associazione si avvale, quindi, della capacità  di intimidazione già ampiamente collaudata nei settori tradizionali delle estorsioni e dell’usura esportando gli stessi metodi, anzi raffinandoli, nei nuovi campi  economico - imprenditoriale e della P.A. nei quali più che con l’uso della violenza o della minaccia, si avvale del richiamo alla “fama criminale“ acquisita, senza,  tuttavia, abbandonare forme di diretta espressione violenta ed intimidatrice, che vengono utilizzate all’occorrenza”. In altri termini, il già citato “salto di  qualità” dell’organizzazione è reso possibile solo in ragione della notorietà criminale del Carminati e del gruppo che lo stesso comanda".

FORZA D'INTIMIDAZIONE - Sempre nell'ordinanza che ha portato alla indagine denominata Mafia Capitale 2 si legge: "Orbene, la forza d’intimidazione, di cui dispone il  sodalizio, è legata non solo alla “fama criminale” di qualche membro dello stesso, ma è costantemente rinsaldata da un esercizio costante della violenza e della minaccia, estrinsecata nell’ambito dell’attività a base predatoria e, ove necessario, quale valore aggiunto nei rapporti ruotanti attorno alla pubblica amministrazione e nei rapporti con il mondo dell’imprenditoria e della politica".

"CI MANGIAMO ROMA" - La consapevolezza dell’imprenditore Salvatore Buzzi di appartenere a tale sodalizio, caratterizzato dalla possibilità del ricorso al metodo mafioso, lo induceva evidentemente a manifestare ai suoi collaboratori con i quali discuteva delle richieste di dimissioni avanzate nei confronti del sindaco Ignazio Marino, la certezza di poter accaparrarsi gare e finanziamenti pubblici “noi comunque … ti dico una cosa … lui (Marino ndr) se resta sindaco altri tre anni e mezzo, con il mio amico capogruppo ci mangiamo Roma”.

PARTE POLITICO AMMINISTRATIVA - Dopo "averne delineato i tratti salienti, appare opportuno soffermarsi sulle specifiche ulteriori acquisizioni intercettive idonee a dimostrare che l’esercizio effettivo della forza intimidatoria è stato strumentalmente evocato e impiegato, qualora necessario, nei rapporti con  gli appartenenti al “mondo di sopra”, che hanno visto coinvolti gli appartenenti alla cosiddetta “parte politico-amministrativa”.

RAPPORTI CON GLI ALTRI CLAN - Riguardo alla forza intimidatrice di Mafia Capitale si devono, altresì, "considerare sia i rapporti della stessa con le altre  organizzazioni criminali quali il clan Senese, Ernesto Diotallevi, il clan Casamonnica, i fratelli Esposito e Giovanni De Carlo, sia la riservatezza e la segretezza del  vincolo nonché la disponibilità di armi da parte del sodalizio". 

"DEVONO LAVORARE PER NOI" - In realtà, come spiega lo stesso Carminati nel corso di una conversazione, tale offerta era solo un mero strumento per inserirsi  nell’attività imprenditoriale, dapprima fornendo tutta la serie di servizi strumentali senza partecipare al rischio d’impresa “noi lo sai perché andiamo bene?.. perché  noi facciamo il movimento terra”, attraverso l’imposizione di imprenditori inseriti nel sodalizio, sino a raggiungere il vero obiettivo della manovra per la quale gli  imprenditori così avvicinati “devono essere nostri esecutori.. Devono lavorare per noi".

IL MONDO DI MEZZO - La Teoria del mondo di mezzo rappresenta fedelmente la storia e il modus operandi di una sofisticata figura criminale che, attestandosi nell’area  di confine tra i diversi “mondi”, ha sempre tratto forza dalla conseguente capacità di introdursi all’interno di ciascuno di essi usufruendo – laddove richiesto –  degli strumenti e delle potenzialità dell’altro, così perfettamente inserendosi nel ampio e complesso panorama romano e sfruttando al meglio le opportunità criminali dallo stesso offerte.

L'ESPANSIONE DELL'ATTIVITA' - In conclusione, sempre secondo quanto scritto sull'ordinanza del Tribunale di Roma: "L’espansione dell’attività dell’associazione avviene  anche nel settore della Pubblica amministrazione e coinvolge anche le imprese facenti capo agli imprenditori collusi. […] Sotto altro profilo, il “salto di qualità” dell’attività dell’associazione in questo settore è avvenuto grazie all’accordo intervenuto con Buzzi, conosciuto da Carminati […]. Tale accordo ha consentito  all’associazione di pervenire ad un sostanziale controllo sull’intera attività del Comune di Roma e delle sue partecipate (AMA ed Ente EUR) in
quei settori nei quali le cooperative del Buzzi operano e cioè il verde pubblico, la gestione dei rifiuti differenziati, le varie emergenze nomadi, immigrati, neve, alloggi eccetera
". 

GESTIONE ILLECITA DEGLI APPALTI - L’individuazione di altri partecipi a Mafia Capitale e l’ulteriore attività delittuosa, "proiezione della componente politico-amministrativa del sodalizio, nel settore della gestione illecita degli appalti Mafia Capitale è riuscita ad infiltrarsi profondamente nel tessuto della pubblica amministrazione capitolina tanto da poter controllare le attività economiche, al fine di favorire i “terminali imprenditoriali” dell’associazione stessa, fra i quali, Salvatore Buzzi per quanto attiene le cooperative".

TESSUTO ECONOMICO - L’individuazione di altri partecipi a Mafia Capitale e l’ulteriore attività delittuosa, proiezione della componente politico-amministrativa del sodalizio, nel settore della gestione illecita degli appalti Mafia Capitale è riuscita ad infiltrarsi profondamente nel tessuto della pubblica amministrazione capitolina tanto da poter controllare le attività economiche, al fine di favorire i “terminali imprenditoriali” dell’associazione stessa, fra i quali, Salvatore Buzzi per quanto attiene le cooperative.


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