Cronaca

Inchiesta talpa in tribunale: Pm chiede condanna a 6 anni per Camilla Marianera

La praticante avvocato è accusata di corruzione in atti giudiziari

Il pubblico ministero ha chiesto una condanna a 6 anni e mezzo (foto d'archivio)

La procura di Roma ha chiesto la condanna a 6 anni e mezzo per Camilla Marianera, la praticante avvocata accusata di essere una "talpa" e di aver rivelato, in cambio di denaro, particolari su indagini in corso a personaggi legati alla criminalità romana. La giovane - arrestata nel febbraio 2023 - è accusata di corruzione in atti giudiziari. Il procuratore aggiunto Paolo Ielo al termine della requisitoria ha sollecitato inoltre l’invio degli atti per falsa testimonianza in relazione alla deposizione in aula del titolare di uno studio dentistico romano che, secondo l’accusa, avrebbe fornito un finto alibi. La procura ha inoltre chiesto l’attenuazione della misura cautelare in carcere con gli arresti domiciliari.

Il compagno di Marianera, Jacopo De Vivo, arrestato con lei a febbraio 2023, è stato già condannato per la stessa accusa di corruzione in atti giudiziari a 5 anni in rito abbreviato. Secondo l’atto d’accusa dei pm, dal 2021 al dicembre 2022, i due "erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all’ufficio intercettazioni, perché ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l’esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l’esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta".

Nella requisitoria in aula, il procuratore aggiunto Paolo Ielo ha sottolineato come in "questo processo è stato costruito un alibi falso mentre Marianera era in carcere, un fatto che dimostra che attorno all’imputata c’è una rete di solidarietà criminale". Ielo ha evidenziato anche il punto relativo al ‘bollino rosso’, una caratteristica in uso solo nella sala intercettazioni della procura di Roma e conosciuto solo dalle persone interne a quell’ufficio, che indicava la fine di intercettazioni o di servizi di osservazione. "Questo bollino rosso è l’impronta digitale – ha sottolineato Ielo in aula - che ci consente di dire che le è stato riferito da un pubblico ufficiale che era nella sala intercettazioni".
 


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