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Lo sguardo oltre la prossimità

Durante una delle lezioni del seminario Comment vivre ensemble, del 1976, presso il Collège de France di Parigi, Roland Barthes definiva la prossimità come quello spazio molto ristretto che risiede intorno al soggetto: lo spazio dello sguardo familiare, degli oggetti che possiamo raggiungere con le braccia, della sfera del gesto immediato; lo spazio privilegiato per il sonno, il riposo, il riparo. La prossimità come luogo abitato dal soggetto affettivamente, il territorio in cui lo sguardo, l’odore e il rumore possono arrivare.

Lontano da questo micro-spazio, nel quale siamo agenti, si estende il “fuori”, l’altrove. Preso tutto insieme, in una sola parola, assume la forma di una macro entità unitaria e perciò impossibile da interpretare. Ma se si procede passo a passo, proprio dove il corpo riesce a muoversi e a interagire, l’alterità diventa prossimità e il punto di vista cambia.

Gli scatti fotografici presenti in mostra lavorano proprio su questo rovesciamento di prospettiva. Il mondo visto dal fotografo che sta muovendo i suoi passi nell’altrove, viene restituito in immagine come luogo di prossimità in quel momento, in cui poter agire, ma anche come luogo estraneo ad un’affettività più profonda.
A questo duplice punto di vista se ne aggiunge un terzo, il fascino che esercita l’immagine in quanto tale, capace di farsi surreale - pur ritraendo la realtà - e di rimandare attraverso dettagli o sfocature ad un tempo perennamente statico, come l’archetipo di un sogno di cui non si ricordano più il prima e il dopo.

Le fotografie di questa collettiva sono state scelte proprio per il loro sguardo molteplice, assolutamente vario e non riconducibile ad un’unicità, sia per i luoghi che le tematiche scelte. Ma tutti gli artisti presenti hanno percorso un moto a luogo, si sono recati fisicamente o culturalmente molto lontani dalla loro prossimità per osservare cosa succede altrove.
 


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