Elezioni Comunali Roma 2021

Primarie del centrosinistra, l’intervista a Stefano Fassina

Il colloquio con il parlamentare di Liberi e Uguali: “Sono fortemente preoccupato per un centrosinistra che vuole tornare a ‘quelli di prima’. Lavoro, partecipate e nuova classe dirigente al centro del mio impegno”

Stefano Fassina, 55 anni, è deputato di Liberi e Uguali.  Laureato in Economia alla Bocconi, ha militato nel Partito Comunista dal 1990 e nel PDS poi; ha lavorato in seguito presso il Fondo Monetario Internazionale. Parlamentare dal 2013 nel 2016 è stato candidato a sindaco di Roma ed è consigliere in Aula Giulio Cesare. Oggi si candida, da sinistra, alle primarie del centrosinistra per la carica di sindaco di Roma. Lo abbiamo intervistato.

Onorevole Fassina, lei ha detto che la sua candidatura mira a portare in Campidoglio la parte sfruttata di Roma. Che si intende?

Si intende che c’era una parte di città in sofferenza già prima del Covid e oggi si è allargata. Questa parte comprende ristoratori, attività commerciali, tassisti, ambulanti, lavoratori precari vittime degli appalti comunali: è una Roma che non ha visibilità sui giornali ma che ha bisogno di risposte urgenti per sopravvivere, per ritrovare dignità e speranza di futuro.

Come la si aiuta questa parte, nel concreto?

La priorità è ricostruire la credibilità che la sinistra ha perso negli ultimi due-tre decenni verso queste fasce sociali. Tale credibilità non si improvvisa, non si costruisce in campagna elettorale ma si coltiva ogni giorno come abbiamo fatto in questi cinque anni di opposizione in Campidoglio, con una presenza strada per strada, con atti concreti, avendo come priorità ad esempio il re-internalizzo di servizi importanti a partire dagli assistenti educativi e culturali che oggi danno supporto ai bambini con disabilità nelle scuole. Si deve lottare per garantire condizioni di vita dignitose ai lavoratori del comune e delle partecipate.

A proposito delle partecipate, lei è, come diceva, per il reinternalizzo di molte delle attività collaterali all'amministrazione e si oppone alle privatizzazioni. La vendita di Farmacap è stata inaugurata da Ignazio Marino che la considerava un’attività eccedente rispetto al mandato del comune. Non è un mistero che le partecipate siano anche, non solo, ma anche, dei carrozzoni. Come si agisce su questo livello?

Si inizia evitando illusorie scorciatoie di privatizzazioni, come purtroppo aveva iniziato a fare anche il sindaco Marino. Si continua mettendo management capace, poi facendo un patto chiaro con lavoratrici e lavoratori che punti a premiarne l’impegno, la qualità del lavoro e quindi sappia rilanciare i servizi fondamentali per i cittadini. Farmacap è l’esempio più rilevante perché queste strutture non sono solo farmacie, sono presidi che stanno nei luoghi più difficili della città, danno certamente farmaci ma erogano anche servizi socio assistenziali fondamentali e insostituibili per le persone che hanno più difficoltà. Penso ai cittadini portatori di handicap nelle zone meno attrezzate, che possono trovare qui un presidio sicuramente per i farmaci, ma poi di assistenza quotidiana.

Lei ha detto che Virginia Raggi non è arrivata per caso e che "indietro non si torna". Cosa si intende?

Il Movimento Cinque Stelle cinque anni fa ha avuto un plebiscito, di certo nel quadro di un’ondata nazionale ma anche perché una parte importante del nostro elettorato ha dato un giudizio negativo dell’esperienza amministrativa del centrosinistra a Roma. Ora con grande franchezza sono molto preoccupato, vedo nel nostro campo una vocazione suicida a tornare a “quelli di prima”. Bene, se noi torniamo a quelli di prima, se noi non riconosciamo gli errori fatti, temo che avremo un brutto risveglio il giorno dopo le elezioni. La mia candidatura vuole essere anche un messaggio verso tutto il centrosinistra, che riconosca la necessità di una radicale discontinuità con la fase pre – M5S. Invece vedo un arroccamento da parte del Partito Democratico che mi preoccupa e spero che il risultato delle elezioni mi dia la forza per poter rompere incrostazioni che sarebbero dannosissime.

Quali questi errori, e quali le incrostazioni di cui parla?

In questi cinque anni ho toccato con mano i problemi dei piani di zona, ho toccato con mano le conseguenze di scelte urbanistiche che non sono andate verso l’interesse generale, ho toccato con mano le esternalizzazioni di servizi importanti fatte purtroppo dalle giunte di centrosinistra e le conseguenze che hanno avuto su lavoratori e lavoratrici. Ho toccato con mano gli esiti nefasti della delibera 140/2015, da noi approvata, per la valorizzazione economica degli immobili capitolini, dove operano centinaia di associazioni di solidarietà, cultura, ambiente. Noi dobbiamo riconoscere i problemi che ha avuto la nostra cultura di governo: il modello Roma non è stato quel tempo sfavillante che sovente propagandiamo, che viene ancora raccontato come perfetto e che ha avuto invece grandi contraddizioni.

Lo dice spesso Walter Tocci, che di quel modello fu co-artefice: la sinistra avrebbe intercettato una fase di crescita economica che non dipendeva da lei e l'ha interpretata facendo qualche festicciola. Semplifico, ovviamente.

Sì, condivido la valutazione di Tocci che però purtroppo rimane isolata, non è diventata un punto politico della nostra piattaforma programmatica e questo mi preoccupa. Continuo a vedere nel centrosinistra questa rivendicazione di un passato che ha avuto le sue luci ma anche tutte le sue ombre e che ha generato anche problemi.

A quali condizioni si fa la lista della sinistra unita?

Alle condizioni di riconoscere la nostra missione che, come dicevo, è portare la rappresentanza di quelle fasce di popolo più in difficoltà al governo della città. Dobbiamo mettere come priorità il lavoro, la giustizia sociale, la giustizia ambientale; intorno a queste discriminanti e al relativo ricambio di classe dirigente costruiamo una proposta politica. Abbiamo bisogno di portare in Campidoglio e in tutti i consigli municipali donne e uomini che hanno lavorato sui territori e che lì sono riconosciuti. Cittadini che hanno costruito il loro protagonismo quasi sempre al di fuori del circuito dei partiti, ovvero nell’associazionismo. Questa azione porterà a un ricambio qualificato di classe dirigente, inserendo nei nostri quadri non una generica “società civile” ma quegli uomini e quelle donne che attraverso il volontariato in tutte le sue forme, nei circuiti sociali, hanno fatto politica con la P maiuscola. Faccio appello a tutti ad andare a votare domenica 20 giugno, abbiamo bisogno di portare energie fresche nella coalizione e scongiurare il rischio di un centrosinistra che guardi indietro.


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