Cronaca

Morte Maricica, i giudici: "Dietro il colpo nessuna propensione criminale"

Questo uno dei passaggi della sentenza con la quale il 4 dicembre la I Corte d'assise di Roma ha condannato Burtone a 8 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale

Quel pugno è stato mortale sì ma non per questo originato da una "qualche propensione criminale". E' uno dei passaggi della sentenza di condanna inferta ad Alessio Burtone, il giovane che l'8 ottobre 2010 al termine di una lite nella stazione metro Anagnina colpì l'infermiera romena Maricica Hahaianu, poi morta al Policlinico Casilino. "Sferrò un colpo, ma non il colpo di un pugile professionista, e vi è incertezza se si trattò di un manata/spinta o di un pugno". La violenza del gesto "va inserita nel contesto di una lite accesa e non certo originata da una qualche propensione tendenzialmente criminale" del giovane.

Così si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale il 4 dicembre scorso la I Corte d'assise di Roma, presieduta da Mario Lucio D'Andria, ha condannato Burtone a 8 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale (in primo gli erano stati inflitti 9 anni).

Secondo l'accusa, a seguito di un'iniziale banale diverbio tra i due per avere la donna superato il giovane nella fila creatasi davanti alla cassa di una tabaccheria all'interno del terminal della stazione della metropolitana Anagnina, Burtone si sarebbe rivolto alla Hahaianu stigmatizzandone la condotta. L'alterco assunse toni sempre più accesi, fino a quando i due passarono alle vie di fatto e la Hahaianu fu colpita (fu visto anche un filmato registrato dalle videocamere di sorveglianza). La donna cadde a terra 'a peso morto', battendo violentemente il capo sul pavimento. Rimase immobile fino all'arrivo dei sanitari del 118; fu trasportata in ospedale, sottoposta a un delicato intervento chirurgico, ma morì una settimana dopo.

La Corte d'appello ha evidenziato nelle sue motivazioni "che se non fosse stata colpita e abbattuta da Burtone, la signora Hahaianu non avrebbe riportato il trauma cranico descritto nelle consulenze e perizie; se non avesse riportato detto trauma non sarebbero stati necessari né il ricovero né l'intervento, né ovviamente la vittima sarebbe andata incontro alle problematiche incorse nella fase del decorso post-operatorio".

Per i giudici, Burtone sferrò un colpo, ma "l'inusitata violenza del gesto è difficilmente obiettivabile dal filmato". I giudici, nel definire la sanzione da infliggere a Burtone, hanno rivalutato la gravità del fatto, ma anche le particolari circostanze di tempo e luogo nel quale si svolse, la giovane età e l'incensuratezza dell'accusato, il fatto che fu sferrato un solo colpo, nonché la reazione di spaesamento di Burtone, ovvero "di chi si trova, con il carico dell'immaturità dovuto alla scarsa esperienza di vita, coinvolto in una vicenda più grave di quella ipotizzata, il cui esito tragico non era assolutamente voluto". Il complesso di tutto questi fattori ha indotto i giudici d'appello "a ritenere equa la riduzione di un terzo per le già concesse attenuanti generiche (che dunque si confermano)", con determinazione della pena finale in otto anni di reclusione.


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